mercoledì 24 settembre 2008

Uelcom tu Varese te capital of Padania

Questi manifesti che tappezzano la città, messa da parte l'irritazione iniziale, mi fanno anche un po' ridere.
E non è solo per l'inglese, a cercare di essere maldestramente internazionali.
Se li mettiamo a confronto con il deserto che regna a Varese in questi primi giorni di Mondiale, infatti, vien fuori l'esito drammatico dei messaggi che la Lega ci propina da anni.
Sì, perchè a furia di fomentare l'intolleranza, l'individualismo e la paura, metà di chi abita a Varese è scappato fori città nel timore di una presunta invasione di persone che allo stato non c'è ancora. Quelli che sono rimasti, invece, non fanno altro che lagnarsi dei disagi per strade chiuse, corse degli autobus saltate e l'incertezza che regna su tutto.
Non mi sorprenderebbe poi se qualcuno mi dicesse che ha anche fatto scorta di medicine, acqua, zucchero e scatolette di tonno come se fossimo in guerra, visto il clima da panico.
Così, a furia di pensare arrogantemente che "son padroni a casa loro", quano c'è il rischio di venire "invasi" loro malgrado da una folla festosa per una manifestazione internazionale, scappano o si barricano in casa facendo rischiare il fallimento della maifestazione ai loro amministratori comunali.
Complimenti: "welcome to Varese, the capital of Padania".
Io intanto mi godo il silenzio e la città deserta.

1 commento:

Insubria Critica ha detto...

Ciao Elisabatta, è un po' che non ci si sente...
Vorrei approfittare del tuo post per far presente che la frase "padroni a casa nostra" è una espressione ricorrente nell'epistolario di Carlo Cattaneo, un federalista, ma soprattutto un socialista del XIX secolo, il cui pensiero è stato completamente travisato anche dai leghisti laureati, probabilmente in piena buona fede. Per chi volesse approfondire di sono le "Lettere di Carlo Cattaneo 1821-1869" (Oscar Mondadori), oppure anche "Le migliori pagine di Carlo Cattaneo" raccolte da Gaetano Salvemini, un altro grande socialista che ha insegnato Storia a Harvard per vent'anni, il quale lo considerava il più grande intelletuale del Risorgimento.